Speciale Natale

(non sempre il Natale rende più buoni..)

 


Il buon Natale del nonno

di Enzo Costa

"Per Dio, faccia il nonno!" sbraitò il regista, spazientito. Gerardo era al quarto ciak, ma non dava segni di miglioramento: il nonno proprio non gli veniva. Cioè: non gli veniva come voleva il regista: un nonno languidamente sereno, che dispensava sorrisi bonari, che affettava il panettone contemplandolo commosso per poi servirlo al colmo della letizia ai quattro nipotini, le cui testoline frementi spuntavano a malapena ai lati di un'immensa tavola imbandita a festa. A quel punto sarebbe partito lo slogan: "Panettone Meronno, il buon Natale del nonno". Ma l'azione si interrompeva ben prima: al momento del primo piano su Gerardo impegnato a sorridere ai bimbi. Altro che sorrisi: le sue erano smorfie, al limite delle boccacce. E non lo faceva apposta. Era quanto di più spontaneo e naturale gli sgorgasse dal volto.

Tutto perché era nervoso, terribilmente nervoso. Lo avevano chiamato all'ultimo. Il giorno prima delle riprese. Lui non se l'aspettava: non aveva precedenti, in fatto di Natale. Nel suo curriculum ormai si affastellavano le interpretazioni: pensionato che mordicchia felice una mela verde perché usa la fantastica crema per dentiera Morbident; anziano arzillo che ha risolto il drammatico problema dell'incontinenza con i favolosi pannoloni Olders; marito romantico che festeggia le nozze d'oro regalando a sé e alla moglie ancora piacente una stupenda crociera economica nei mari del sud grazie agli incredibili sconti del servizio Silver Ship. Questi e molti altri spot, per alcuni dei quali aveva persino speso un po' di talento. Niente di cui andare fiero, naturalmente. Un lavoro come un altro, iniziato qualche anno addietro, quando di colpo le tournées teatrali si erano fatte faticose. "Mi hanno salvato i consigli per gli acquisti!" ripeteva spesso agli amici meno fortunati di lui, finiti in una casa di riposo per artisti gremita di rancori e cattivi odori. Nell'ambiente era a suo modo una star. Le agenzie se lo contendevano.

Ma le pubblicità natalizie non le aveva mai fatte. Su quelle c'era un suo coetaneo - Barrugani - che vantava una specie di esclusiva. Quando si trattava di interpretare il nonno del 25 dicembre chiamavano quasi sempre lui: aveva la faccia giusta, e una tecnica affinata dall'esperienza. Barrugani era perfetto. Soprattutto per quei suoi capelli bianchi. Candidi come la neve. L'ideale per gli spot sul Natale. L'ideale per il panettone Meronno, il buon Natale del nonno. Anche stavolta doveva essere lui - Barrugani - il protagonista. Ma due giorni prima l'inizio delle riprese un criminale armato di fuoristrada l'aveva messo sotto. Ora era all'ospedale, con le gambe ingessate, bianche come i suoi capelli. Quel malvivente patentato l'aveva riconosciuto, e nonostante andasse di fretta (Barrugani l'aveva notato), una volta appurata con sollievo l'incolumità di carrozzeria e paraurti gli aveva strappato un autografo. Poi, sgommando a dovere, si era fiondato a casa per esibire il trofeo calligrafico a moglie e figli: "Ho investito il nonnetto della pubblicità! Quello che si vede a Natale!". I familiari ne furono orgogliosi. Aveva investito uno famoso. Non era da tutti.

E dunque, con Barrugani fuori uso, chiamarono Gerardo. "Si pvesenti domani, c'è uno spot sul panettone!" aveva intimato l'addetta al casting, regolarmente milanese, regolarmente con l'erre moscia, regolarmente drastica. Arrivò un po' affannato a causa delle scale (l'ascensore era regolarmente guasto), e del ruolo che lo attendeva: sentiva di non essere all'altezza. Il regista gli scagliò subito un'occhiataccia che lo aizzò al nervosismo. Aveva qualcosa che non andava? Sì. I capelli. Non erano candidi come la neve. Nemmeno modestamente bianchi. Erano di un colore ibrido: un grigio sporco, con qua e là punte più scure, e altre sfumature, biasimevoli, sul giallognolo. "Dio mio, copri subito quella schifezza!" aveva urlato il regista alla truccatrice, indicando disgustato la chioma di Gerardo. La schifezza principale erano proprio le sfumature giallognole: non si era mai visto un nonno natalizio con quel colore in testa. Sul mercato ce n'erano di due tipi: il nonno giovanile, con bei capelli castani, un nonno emergente. Oppure quello classico: il nonno vecchio, di una vecchiaia tutta bontà e saggezza. Sintetizzate dai capelli bianchi. Candidi come la neve. I capelli di Barrugani. Quelli che voleva il regista: "Quel cretino si fa investire! E' proprio un demente!" continuava a strillare, mentre scrutava inorridito i capelli di Gerardo. "Era perfetto per fare il nonno buono e saggio, quel cretino! E ora eccomi qua con questa schifezza di sfumature giallognole!".

Schifezza. Una parola che a Gerardo non era piaciuta. L'aveva innervosito. E ancora di più l'aveva innervosito la lunga seduta di trucco che era seguita: tre quarti d'ora per applicargli in testa una pasta bianca, molle e gelatinosa. Quella sì veramente schifosa. Che poi - una volta accesi i riflettori - aveva preso a squagliarsi, scivolando giù per le tempie, solcandogli le guance in due rigagnoli gemelli che si congiungevano sotto il mento in una rivoltante pozza carotidea. Il primo ciak si era interrotto per quel motivo. Dovettero lavargli la faccia, ridargli il fondotinta e lavorare di phon per una buona mezzora affinché la pasta bianca, asciugandosi, si fissasse stabilmente in testa. "Sbrigatevi!" strepitava il regista a truccatrice e assistenti "non ho tempo da perdere! c'ho uno spot sugli assorbenti!". Gerardo si era ulteriormente innervosito. E così al secondo ciak i sorrisi che doveva elargire ai nipotini si erano convertiti in smorfie, al limite delle boccacce. Sciagura ripetutasi identica per altre due volte. Non poteva farci niente: aveva un diavolo per capello. Per di più capelli solidificati e costretti al bianco da un regista che per inscenare il Natale insultava lui, la troupe, il povero Barrugani fratturato all'ospedale. "Per Dio, faccia il nonno!" urlava con la cinica isteria dei potenti, o forse con la nevrotica sbrigatività dei sicari (e nel caso chi era il Grande Vecchio? il Commendator Meronno? l'anonimo boss antimestruo?) "sorrida, si tolga quella faccia da ulceroso!". I nipotini avevano colto al volo la formidabile occasione di spasso di un vecchietto incapace di sorridere a comando.

Gerardo cercava di obbligarsi alla calma, ma non ci riusciva: per un attimo si vide nel tetro salone della casa di riposo: stavolta riceveva visite. Ritornò in sé constatando che il suo nervosismo - come sempre gli accadeva - era pedinato da un senso di nausea. Per allontanarlo doveva affidarsi al cibo. Agguantò una fetta del panettone che stava sulla tavola e la introdusse tutta intera in bocca. Scoprì all'istante che il panettone Meronno, il buon Natale del nonno, era al sapore di plastica. Schifosissimo.

Non ci vide più: sputò il panettone sulla tavola imbandita a festa. Poi balzò via. Fuori dallo studio. Uno scatto fulmineo che colse tutti di sorpresa. Correva come mai in vita sua. E come mai un nonno natalizio aveva corso: indossava gli abiti di scena, i capelli stuccati gli appesantivano il capo, ma pensava solo a correre. In un attimo divorò le scale ripidissime, rendendo superflua la presenza del corrimano. Uscì dallo stabile. Un filo di brezza serale gli dilatò i polmoni. La nausea si era dileguata. Stavolta fu il nervosismo a andarle appresso. Scorse un rubinetto: l'aprì, mise la testa sotto e rimase così finché la pasta bianca non sparì del tutto. Gli sembrava che l'acqua che scendeva sul collo lo riportasse alla vita. Fu raggiunto da una serenità sconosciuta che con sollecitudine lo sgravò di peso: sentiva di avere la fantastica leggerezza di un astronauta in orbita. In pieno allunaggio gli parve di ricordare che due giorni dopo Matteo, il suo nipotino, festeggiava il compleanno. Se non si sbagliava, era nato a ferragosto.

Stabilì di proseguire a piedi fino a casa. Passando di fronte al grigio palazzone dal quale era appena evaso, ebbe una leggera esitazione. Che subito vinse imboccando di nuovo l'entrata.

HOME

Tutti i diritti riservati